Come far fallire lo Stato

Il salvataggio di Alitalia nel 2016

Di fronte alla nuova crisi di Alitalia, è il caso di riproporre, per chi se lo fosse scordato, un articolo della “voce repubblicana” del 12 luglio 2013, quando tutta la stampa nazionale inneggiava alla resurrezione della compagnia di bandiera. “All’indomani della presentazione del piano Alitalia ci eravamo permessi di chiederci chi avrebbe pagato le perdite per quest’anno ed i prossimi due, visto che si prevedeva un bilancio in parità solo nel 2016. Ora che abbiamo davanti i conti dell’analisi fornita dalla Bocconi, nutriamo più di un dubbio sul fatto che nel 2016 la compagnia di bandiera riesca ad arrivare viva. La gestione del 2012 ha segnato un netto peggioramento dei conti dell’azienda con un miliardo di debiti! Il formidabile piano “Fenice”, lanciato nel 2008 con l’innesto di ben 16 industriali, evitando la drammatica – chissà poi perché dato che persino la Pernigotti è finita in mano ai turchi – cessione ad Air France, è fallito miseramente. L’indebitamento verso le banche è diventato cinque volte il patrimonio netto che tra l’altro si è ridotto oramai all’osso, restando di soli 202 milioni, contro i 723 del 2008. Un raffronto fin troppo eloquente sugli effetti del “salvataggio”. In compenso il debito per finanziare la flotta è quasi raddoppiato rispetto ai 655 milioni del 2010 ed è in crescita di 125 milioni nel 2011. Se il piano del 2008 si dava come obiettivo un 5 miliardi di ricavi, nel 2012 ci si è fermati a 3,594, poco sopra ai 3,225 del 2010. Nemmeno il flusso di cassa positivo ha impedito una perdita annua di 280 milioni, quando già si era preoccupati dei 69 persi nel 2011. Invece con le perdite sono aumentati i dipendenti. 14.259 contro 14.143. Questo il dato più straordinario, visto che era stata promessa una ristrutturazione che evidentemente è servita a contenere gli esuberi di personale che in 4 anni sono stati solo di 116 impiegati in più. Infine il grande apprezzamento del pubblico, pari ad un milione di passeggeri in meno. Ora, se il nuovo piano industriale prevede altri debiti, 300 milioni dalle banche, 55 dai soci, è plausibile che nel 2013 questi aumenteranno ulteriormente e che la meta del risanamento slitti ancora una volta. C’è bisogno di un manager esperto per capirlo? E’ vero che bisogna recuperare al progetto quei paesi dove ci sono comunità italiane, ma i debiti sono cifre, i recuperi, belle intenzioni, come il presupposto di espansione in India, in Australia ed in Tailandia. Il vecchio piano industriale prevedeva che l’azienda sarebbe tornata in attivo nel 2011, salvo poi nel 2011 far elaborare un nuovo piano da un diverso amministratore che indicava come data del pareggio di bilancio il 2016. Sappiamo già come andrà a finire”. Tutto previsto tre anni fa, eppure prepariamoci ad un nuovo piano miracoloso per rilanciare Alitalia.

Roma, 22 dicembre 2016